Estero – Crisi Pechino Taipei, il pretesto gli arresti per frodi telefoniche

La Cambogia ha estradato in Cina alcuni taiwanesi accusati di frodi telefoniche. Stessa sorte è già toccata, nei mesi scorsi, a un gran numero di taiwanesi che si trovavano in Kenya e Malaysia. Tutti sono stati trasferiti in Cina perché siano processati da Pechino. Questa decisione ha un pesante risvolto diplomatico visto che il portavoce dell’Ufficio cinese per gli affari di Taiwan, nella conferenza stampa, oltre al problema dei taiwanesi sospettati di frode telefonica, ha spiegato che il motivo della sospensione del rapporto è il mancato riconoscimento, da parte del nuovo governo di Taipei, del principio della “Unica Cina”.
Il principio della “unica Cina”, lo ricordiamo, risale al 1992 quando i politici di Pechino e di Taipei si sono accordati nel riconoscere che vi è una sola Cina. La Cina, infatti ritiene che Taiwan appartenga all’unica Cina, e l’isola, invece, afferma che la vera Cina è esclusivamente la Repubblica di Cina. 
Il 20 maggio, quando si è insediata la nuova presidente democratica Tsai Ing-wen, anche se è stata sottolineata la volontà di continuare i buoni rapporti con la Cina popolare, il principio non è stato citato. La Cina, quindi, per forzare il riconoscimento, ha colto l’occasione offerta dalla Cambogia con l’arresto dei 39 cinesi e taiwanesi ed ha trasferito tutti a Wenzhou (Zhejiang) per il processo, nonostante le proteste di Taiwan che intendeva processare i suoi cittadini sull’isola.