Internet degli “abissi”
Un’azienda italiana ha intrapreso un viaggio che promette di rivoluzionare lo scenario esistente e di allargare il raggio d’azione e l’orizzonte della connettività.
L’azienda si chiama Wsense nota, soprattutto, a scienziati e ricercatori di fama mondiale che stanno lavorando alla rivoluzione prossima ventura: l’Internet of Underwater Things (IoUt). È tempo di Internet dei mari e degli oceani, di device subacquei, di sensori e reti in grado di comunicare fra loro e trasmettere dati ad alta velocità a profondità inedite con un fine sia esplorativo che finalizzato alla gestione delle emergenze.
Wsense è nata nel 2012 come spin off dell’Università Sapienza e, specializzata nella messa a punto di soluzioni tecnologicamente avanzate per il monitoraggio terrestre e sottomarino attraverso reti di sensori, nel giro di appena cinque anni è riuscita a posizionarsi come leader del settore e a diventare un punto di riferimento in tanti progetti finalizzati ad "esplorare" le potenzialità degli abissi sottomarini. Ora l’azienda, guidata da Chiara Petrioli, docente di Computer Science dell’ateneo capitolino, ha trovato fortuna nel Regno Unito.
Wsense è stata inserita, in qualità di strategic partner, in uno dei più autorevoli cluster di ricerca mondiali, il Noc (National Oceanographic Centre) di Southampton, ha inaugurato la sua filiale britannica, la Wsense Ltd e si prepara a trasformare in business ciò che finora è stata attività di ricerca e sperimentazione. Sono già soluzioni disponibili: sensori, modem acustici e ottici, piattaforme cloud, e quanto serve per il networking subacqueo cableless. A ciò si aggiunge una serie di applicativi specificamente progettati per settori quali l’offshore oil & gas, l’energia, la difesa, il monitoraggio ambientale, l’acquacoltura.
L’azienda si prepara ad iniziare una serie di test nel Mediterraneo, per la realizzazione di una rete sottomarina di nuovissima generazione – destinata ad attività di conservazione e monitoraggio – nell’ambito del progetto ArcheoSub, cofinanziato dall’Easme (European Agency for Sme). Verrà utilizzato anche il drone Zeno – nato grazie all’Università di Firenze e al suo spin off Mdm – che sarà in grado di spingersi fino a profondità di circa 100 metri.
L’azienda si chiama Wsense nota, soprattutto, a scienziati e ricercatori di fama mondiale che stanno lavorando alla rivoluzione prossima ventura: l’Internet of Underwater Things (IoUt). È tempo di Internet dei mari e degli oceani, di device subacquei, di sensori e reti in grado di comunicare fra loro e trasmettere dati ad alta velocità a profondità inedite con un fine sia esplorativo che finalizzato alla gestione delle emergenze.
Wsense è nata nel 2012 come spin off dell’Università Sapienza e, specializzata nella messa a punto di soluzioni tecnologicamente avanzate per il monitoraggio terrestre e sottomarino attraverso reti di sensori, nel giro di appena cinque anni è riuscita a posizionarsi come leader del settore e a diventare un punto di riferimento in tanti progetti finalizzati ad "esplorare" le potenzialità degli abissi sottomarini. Ora l’azienda, guidata da Chiara Petrioli, docente di Computer Science dell’ateneo capitolino, ha trovato fortuna nel Regno Unito.
Wsense è stata inserita, in qualità di strategic partner, in uno dei più autorevoli cluster di ricerca mondiali, il Noc (National Oceanographic Centre) di Southampton, ha inaugurato la sua filiale britannica, la Wsense Ltd e si prepara a trasformare in business ciò che finora è stata attività di ricerca e sperimentazione. Sono già soluzioni disponibili: sensori, modem acustici e ottici, piattaforme cloud, e quanto serve per il networking subacqueo cableless. A ciò si aggiunge una serie di applicativi specificamente progettati per settori quali l’offshore oil & gas, l’energia, la difesa, il monitoraggio ambientale, l’acquacoltura.
L’azienda si prepara ad iniziare una serie di test nel Mediterraneo, per la realizzazione di una rete sottomarina di nuovissima generazione – destinata ad attività di conservazione e monitoraggio – nell’ambito del progetto ArcheoSub, cofinanziato dall’Easme (European Agency for Sme). Verrà utilizzato anche il drone Zeno – nato grazie all’Università di Firenze e al suo spin off Mdm – che sarà in grado di spingersi fino a profondità di circa 100 metri.