Apple non consente all'Fbi di violare l'iPhone dei terroristi

Apple ha detto no alla corte di giustizia americana che le ordinava di violare il proprio sistema operativo per consentire all'FBI di forzare la password di un iPhone di uno degli attentatori della strage di San Bernardino.
Un episodio che porta alla ribalta un problema di non facile soluzione. È giusto che giudici e poliziotti chiedano ad Apple di aiutarli a violare la sicurezza dei propri dispositivi o ha ragione Apple a rifiutarsi di farlo poter continuare a garantire la privacy dei propri clienti?
La risposta non è di quelle facili, ma una considerazione va comunque fatta: se al posto di Apple ci fosse stata una piccola azienda molto probabilmente il Giudice americano l'avrebbe spuntata.
Certo è che la questione del rapporto tra privacy e sicurezza interna ed internazionale deve essere risolta a livello sovrannazionale.
E'la comunità internazionale, nel quadro dell'aggiornamento delle convenzioni e dei trattati in materia di diritti dell'uomo che deve tracciare i limiti che le Autorità di tutti i Paesi devono incontrare quando le esigenze investigative si scontrano con la privacy del cittadino.
La privacy di miliardi di cittadini di centinaia di Paesi diversi non può essere affidata alla forza di una corporation. Appare dunque evidente la necessità di perfezionare l'accordo, per ora ancora in bozza, tra Europa e Stati Uniti il c.d. Privacy Shield, che sostituirà il decaduto Safe Harbour.

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