Furto di identità, banche e Poste pagano i danni

La banca o le Poste sono responsabili e devono quindi risarcire il cliente per il phishing e cioè per la frode informatica mediante il furto delle credenziali di accesso al conto. Ciò a meno che l'istituto non riesca a dimostrare l'incauta trasmissione delle password da parte del titolare a mail sospetta e sconosciuta e cioè la riconducibilità dell'operazione al cliente stesso.
Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l'ordinanza n. 9158 del 12 aprile 2018, ha accordato il ristoro al titolare di un conto presso le Poste dal quale era partito un bonifico indesiderato.
Sul punto nell'ordinanza si legge che, in tema di responsabilità della banca in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema (il che rappresenta interesse degli stessi operatori), è del tutto ragionevole ricondurre nell'area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo. Ne consegue che, anche prima dell`entrata in vigore del dlgs n. 11 del 2010, la banca, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell'accorto banchiere, è tenuta a fornire la prova della riconducibilità dell'operazione al cliente.