Rapporto Clusit 2016: cresce il cybercrime

 
Ottobre è il mese della sicurezza e proprio oggi, nel Security Summit di Verona, è stato presentato il quinto Rapporto Clusit.
Il documento, aggiornato con i dati raccolti fino a giugno, dopo una panoramica degli eventi di cybercrime e degli incidenti informatici più significativi registrati negli ultimi dodici mesi, traccia un quadro della situazione che non tranquillizza.
Lo spionaggio industriale è in aumento e, nei primi sei mesi del 2016 rispetto al secondo semestre 2015, è cresciuto del 9%. Il settore dell'ospitalità è tra quelli maggiormente colpiti perché attraverso il WiFi di alberghi e ristoranti si possono rubare le credenziali e i dati delle carte di credito degli ospiti. In crescita anche gli attacchi al mondo finance e della sanità. Il cybercrime è la principale fonte degli attacchi e passa dal 68% al 71%.
Social network, servizi online e cloud dal 2014 ad oggi registrano un aumento dell’81% e si stima che anche il futuro non riserva nulla di buono. I messaggi di phishing, ad esempio, hanno un tasso di successo molto elevato se sono inviati con strumenti che non filtrano i contenuti.
Lo studio segnala che la crescita dell’Internet of things, se non sarà accompagnata da una maggiore attenzione alla sicurezza, potrà incrementare notevolmente le azioni malevole. Gli hacker sono attenti alle novità, studiano e si aggiornano.  
Un allarme particolare da parte degli esperti del Clusit viene poi dalla costatazione che si sta perfezionando una sorta di industrializzazione del crimine informatico. Non sono più gli hacker a pianificare gli attacchi, ma organizzazioni criminali che, fino a ieri, erano dedite a reati che nulla avevano a che vedere con il mondo della rete. Sono criminali comuni che si dotano di tool preparati ad hoc dalle "imprese di hacking" .
Il rapporto, poi, guarda oltre i nostri confini e rileva che la geografia del cybercrime vede in testa alla classifica, anche per quest’anno, gli Stati Uniti con una crescita di 8 punti percentuali rispetto all’anno passato, in quest’area si registrano più della metà degli attacchi globali (55%). Per la prima volta i paesi dell’Asia, con il 15% degli attacchi, superano l’Europa che, con il 12%, passa in terza posizione.