Giustizia digitale: il pericolo del “Riuso” e non solo
In giugno l’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato ha accusato Net Service S.p.A. di condotta anticoncorrenziale e abuso di posizione dominante nella fornitura, al Ministero della Giustizia, del software e degli applicativi. Era stato anche posto il problema delle responsabilità amministrative e penali per l’aggiudicazione di commesse per somme sconosciute con “affidamenti diretti”. Proprio mentre si valutava su quali fossero le garanzie da introdurre per avere un’informatizzazione sicura e trasparente nel settore della giustizia, un problema ben più grande si è abbattuto sull’azienda; un’inchiesta, questa volta, della Procura della Repubblica di Roma che ha rimesso in discussione l’intero procedimento e l’architettura stessa dell’informatizzazione del settore.
L’indagine riguarda il trattamento informatico degli atti processuali (TIAP), in uso presso la Procura della Repubblica del tribunale di Roma, che con la messa a disposizione gratuita, nel catalogo del “Riuso” (un catalogo che consente ad altri uffici della PA di riutilizzare gratuitamente programmi informatici o parti di essi, sviluppati per conto e a spese di un’altra amministrazione), doveva essere estesa a tutte le Procure d’Italia. Il software, peraltro, secondo i primi risultati delle indagini, manifesta anche alcune criticità di sistema che mettono a rischio la riservatezza degli atti e consentirebbero ai fornitori, l’accesso ai dati processuali e la conoscenza, in anteprima, degli atti d’indagine e dei provvedimenti emessi.
Ma c’è di più, sembrerebbe che persone a capo di strutture del Ministero della Giustizia e all’Agenzia per l’Italia Digitale, in carica nel 2014, siano addirittura coinvolti nell’inchiesta. Ora la magistratura indaga per stabilire se ci sono azioni criminali e responsabilità da punire, ma le perplessità sul “Riuso” del Software, comunque, restano perché, se è vero che può portare ad una riduzione dei costi della Pubblica Amministrazione, non deve e non può costituire un pericolo per la gestione in sicurezza di dati così importanti!
L’indagine riguarda il trattamento informatico degli atti processuali (TIAP), in uso presso la Procura della Repubblica del tribunale di Roma, che con la messa a disposizione gratuita, nel catalogo del “Riuso” (un catalogo che consente ad altri uffici della PA di riutilizzare gratuitamente programmi informatici o parti di essi, sviluppati per conto e a spese di un’altra amministrazione), doveva essere estesa a tutte le Procure d’Italia. Il software, peraltro, secondo i primi risultati delle indagini, manifesta anche alcune criticità di sistema che mettono a rischio la riservatezza degli atti e consentirebbero ai fornitori, l’accesso ai dati processuali e la conoscenza, in anteprima, degli atti d’indagine e dei provvedimenti emessi.
Ma c’è di più, sembrerebbe che persone a capo di strutture del Ministero della Giustizia e all’Agenzia per l’Italia Digitale, in carica nel 2014, siano addirittura coinvolti nell’inchiesta. Ora la magistratura indaga per stabilire se ci sono azioni criminali e responsabilità da punire, ma le perplessità sul “Riuso” del Software, comunque, restano perché, se è vero che può portare ad una riduzione dei costi della Pubblica Amministrazione, non deve e non può costituire un pericolo per la gestione in sicurezza di dati così importanti!