IBM ci ripensa: smart working addio
Negli USA si torna in ufficio. Dopo anni di lavoro da remoto, la responsabile marketing di IBM scrive ai dipendenti che per essere produttivi e performanti è necessario un ambiente di lavoro creativo. Non solo, sembra che l’azienda abbia anche deciso di chiudere sei distretti dell’area marketing, che oggi sono in diverse città degli USA e concentrare tutto in un solo luogo.
Una rivoluzione, dunque che potrebbe avere ripercussioni sulla vita di molti lavoratori e che rappresenta, se messa in atto, un ripensamento inaspettato per un’azienda che ha introdotto lo smart working già nel 2009.
Oggi in Europa si stima che il 17% dei lavoratori può svolgere formule di lavoro agile; in Italia siamo ancora in dietro, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Regno Unito, Lussemburgo e Francia sembrano apprezzare questa formula che, alcuni studi, considerano utile per migliorare la produttività e la responsabilizzazione dei lavoratori, specialmente se giovani.
IBM, antesignana dello smart working, sta cambiando profondamente e punta, per il suo rilancio, sull’intelligenza artificiale e sul cloud computing, proprio questa evoluzione potrebbe essere alla base della decisione. Sembra infatti che recenti studi delle più prestigiose università americane dimostrano che lavorare insieme produce risultati migliori, che le occasioni di incontro migliorano le performance.
E molte sono le grandi tech company che credendo nel valore della presenza in azienda, hanno creato ambienti di lavoro che incoraggiano il lavoro in team e anche spazi relax che invogliano i dipendenti a rimanere anche oltre l’orario.
Pareri e dati non univoci, dunque, su vantaggi e criticità dello smart working e, negli Stati Uniti non è solo IBM ad aver tirato i remi in barca. Certo è che l’introduzione del lavoro agile non può valere per tutte le attività produttive e sempre più saranno le esigenze e gli obiettivi aziendali a determinare le scelte delle formule di lavoro più adatte a raggiungere i migliori risultati.