Allo di Google, attenti alla privacy

 
L'app di messagistica Allo, appena uscita è già al centro di aspre polemiche. Sembra infatti che la piattaforma non si curi troppo della privacy di chi la usa.
Le conversazioni rimarranno sui server perché le missive in transito sulla piattaforma saranno accessibili agli algoritmi di Google. Questa scelta è dettata dalla volontà di integrare un assistente basato sul machine learning, che impari qualcosa in più sul linguaggio utilizzato dagli utenti.
Nel tempo potrebbe portare vantaggi per chi usa l’app perché l’assistente virtuale capirà sempre meglio i suoi interlocutori e potrà rispondere a tono alle loro richieste; con la funzione di risposta intelligente. Ma l’app potrà fare anche di più. Allo precompilerà in automatico una serie di risposte alternative che invierà, in vece dell’utente, in risposta a una domanda specifica. Forse farà risparmiare tempo, ma siamo proprio sicuri di voler affidare ad un software, anche se intelligente, le nostre relazioni interpersonali?
Edward Snowden, l’ex tecnico della Cia noto per aver reso pubbliche le tecniche di sorveglianza di massa messe in atto dall'agenzia di sicurezza statunitense, è stato tra i primi a lanciare l’allarme e Google ha già detto che se si vuole evitare che le conversazioni rimangano nei data center della società, si possono iniziare chat in incognito, ovvero chat a tempo dotate di crittografia end to end, come quella usata dai concorrenti di Allo, whatsApp e telegram, che rende i messaggi illeggibili anche a Google o; in alternativa, si possono anche eliminare dal telefono le conversazioni effettuate in chiaro.