Non c’è diritto all’oblio per l’ex terrorista
Il principio è sancito dal Garante privacy: per i reati gravi prevale l’interesse pubblico ad avere accesso alle notizie. Viene rigettato il ricorso di un ex terrorista che chiedeva la deindicizzazione di articoli, studi, atti processuali che lo vedevano protagonista tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80. La storia non si cancella.
L'interessato, dopo essersi rivolto a Google, che non ha accolto la sua richiesta, si è rivolto al Garante, sostenendo che le informazioni in rete che riguardavano contenuti del passato gli causavano gravi danni personali e professionali. L'Autorità ha però dichiarato infondato il ricorso perché le informazioni fanno riferimento a "reati particolarmente gravi", che hanno "valenza storica" per cui è "prevalente l'interesse del pubblico ad accedere alle notizie".
L'Autorità ha rilevato che le informazioni "fanno riferimento a reati particolarmente gravi, che rientrano tra quelli indicati nelle Linee guida sull'esercizio del diritto all'oblio adottate dal Gruppo di lavoro dei Garanti privacy europei nel 2014, reati per i quali le richieste di deindicizzazione devono essere valutate con minor favore dalle Autorità di protezione dei dati, pur nel rispetto di un esame caso per caso".
L'interessato, dopo essersi rivolto a Google, che non ha accolto la sua richiesta, si è rivolto al Garante, sostenendo che le informazioni in rete che riguardavano contenuti del passato gli causavano gravi danni personali e professionali. L'Autorità ha però dichiarato infondato il ricorso perché le informazioni fanno riferimento a "reati particolarmente gravi", che hanno "valenza storica" per cui è "prevalente l'interesse del pubblico ad accedere alle notizie".
L'Autorità ha rilevato che le informazioni "fanno riferimento a reati particolarmente gravi, che rientrano tra quelli indicati nelle Linee guida sull'esercizio del diritto all'oblio adottate dal Gruppo di lavoro dei Garanti privacy europei nel 2014, reati per i quali le richieste di deindicizzazione devono essere valutate con minor favore dalle Autorità di protezione dei dati, pur nel rispetto di un esame caso per caso".