Furto di identità: 31 stranieri regolarizzati con il morto
Un imprenditore agricolo di Ravenna assume 31 stranieri, ma ad un controllo risulta già morto alla data della consegna dei documenti in prefettura.
Il giro di documenti falsi è stato scoperto dai carabinieri di Ravenna e di Faenza ed è stato denunciato un 36enne albanese residente nel Ravennate. Per ora risponde di sostituzione di persona e di violazione delle norme sull’immigrazione, ma non si esclude che possano emergere altre ipotesi di reato. Si ritiene molto probabile che gli extracomunitari abbiano pagato somme e che l’albanese non sia solo, ma faccia parte di un’organizzazione più ampia. Secondo le verifiche, a nome dell’imprenditore sono state presentate, in via telematica e in giorni diversi, 31 domande. Grazie alla banca dati del ministero dell’Interno, i carabinieri sono riusciti a raggruppare in un unico fascicolo tutte le domande presentate a nome del defunto e anche a bloccare l’arrivo in Italia dei lavoratori extracomunitari prima del via libera dell’ambasciata.
La svolta nel caso è arrivata grazie all’analisi del numero di cellulare al quale tutte e le volte si era agganciato l’indirizzo Ip usato per inoltrare le domande: sempre lo stesso e tutt’ora intestato al 36enne denunciato.
Il giro di documenti falsi è stato scoperto dai carabinieri di Ravenna e di Faenza ed è stato denunciato un 36enne albanese residente nel Ravennate. Per ora risponde di sostituzione di persona e di violazione delle norme sull’immigrazione, ma non si esclude che possano emergere altre ipotesi di reato. Si ritiene molto probabile che gli extracomunitari abbiano pagato somme e che l’albanese non sia solo, ma faccia parte di un’organizzazione più ampia. Secondo le verifiche, a nome dell’imprenditore sono state presentate, in via telematica e in giorni diversi, 31 domande. Grazie alla banca dati del ministero dell’Interno, i carabinieri sono riusciti a raggruppare in un unico fascicolo tutte le domande presentate a nome del defunto e anche a bloccare l’arrivo in Italia dei lavoratori extracomunitari prima del via libera dell’ambasciata.
La svolta nel caso è arrivata grazie all’analisi del numero di cellulare al quale tutte e le volte si era agganciato l’indirizzo Ip usato per inoltrare le domande: sempre lo stesso e tutt’ora intestato al 36enne denunciato.